Il clima di classe affettivo

Gli studenti rivivono nella scuola i sentimenti nei confronti dei genitori che hanno appreso nel contesto familiare e li traslano nel rapporto con gli insegnanti, assumendo nei loro confronti, lo stesso rapporto fatto di rispetto, di attese e di aspettative, a volte ambivalenti, che negli anni infantili avevano nei confronti dei genitori


La classe è una realtà sociale dinamica in evoluzione, al cui interno i singoli membri vivono problemi di accettazione, di stima reciproca, di rifiuto. Ogni classe ha una sua fisionomia, un suo volto, una sua storia e, al suo interno, regole di comunicazione, di rapporto che si evolvono nel tempo.
Tutta la ricerca psicoanalitica sottolinea il pericolo di ispirarsi ad una pedagogia  del bambino buono, del bambino cioè costretto, per non perdere l’affetto dei genitori, a rimuovere continuamente le sue pulsioni e a comportarsi bene.
Lo stesso insegnante devi individuare i modelli educativi che ha incorporato nel corso della sua esistenza, per comprendere e accettare azioni e comportamenti che lo possano mettere in difficoltà, quale ad esempio le forme di aggressività infantile.
Se poi vuole assumere un ruolo in ambito affettivo, deve non solo essere consapevole della novità che la scuola rappresenta nella vita psichica del bambino per il tipo di impegno che comporta e per la rilevanza delle relazioni affettive al suo interno ma anche comprendere quanto, la frequenza a scuola, comporti nel bambino fatica e rinunce.
Già Freud (1914) aveva evidenziato quanto fossero profondi i legami affettivi che si stabilivano nel contesto classe e sottolineato le ambivalenze che li caratterizzavano.
Gli studenti rivivono nella scuola i sentimenti nei confronti dei genitori che hanno appreso nel contesto familiare e li traslano nel rapporto con gli insegnanti, assumendo nei loro confronti, lo stesso rapporto fatto di rispetto, di attese e di aspettative, a volte ambivalenti, che negli anni infantili avevano nei confronti dei genitori. L’insegnante si trova così a dover reagire in modo costruttivo di fronte ai sentimenti ambivalenti che gli allievi nutrono nei suoi confronti e a far fronte alle richieste affettive che gli allievi esprimono; allo stesso tempo si trova a portare nell’interazione con gli allievi, i sentimenti e conflitti tipici delle proprie situazioni familiare.
Il comportamento che il docente deve prendere a modello è quello proprio del genitore buono ma severo, che assume consapevolmente un ruolo di guida, in modo discreto ma non prevaricante.
Rogers individua nella comunicazione di tipo non direttivo la modalità di interazione con la classe, più funzionale agli obiettivi educativi generali.
Per aiutare gli allievi nella costruzione di un'immagine positiva di sé, diventa indispensabile che l’insegnante metta in atto comportamenti che esprimono accettazione e empatia, accogliendo e valorizzando ciascun allievo, sollecitandolo a sentirsi parte attiva nei processi di apprendimento. 
Gli allievi vanno aiutati ad affrontare le situazioni nuove, impegnative, mettendo in rilievo nel lavoro che ci si propone sia gli obiettivi cognitivi sia gli aspetti di crescita, in modo da appagare il bisogno di sicurezza degli studenti ed alimentare il desiderio di nuove competenze.
Gordon (2005) suggerisce che il tempo in classe sia stabilmente articolato in tempo relazionale in cui l'insegnante è disponibile ad ascoltare gli allievi e a discutere dei loro problemi, in tempo diffuso quello cioè dedicato ad attività collettive e in tempo individuale in cui ciascuno si dedica all'attività di suo gradimento. Agli allievi devono essere offerte occasioni di conoscenza reciproca, di scambi di esperienze e di riflessione.
Valorizzare il contributo attivo che gli allievi possono offrire per la gestione della classe e consentire loro di svolgere attività in cui possano gradualmente mettere alla prova il loro desiderio di sperimentazione e di esplorazione, costituisce uno dei modi concreti per favorire lo sviluppo di un immagine di sé positiva.

 


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