Cosa fare se gli studenti creano problemi agli insegnanti

Da numerose analisi sui messaggi di confronto emerge che di solito gli insegnanti utilizzano il pronome personale tu (Smettila! Cerca di non disturbare! Siediti e segui la lezione). Questi messaggi in seconda persona non forniscono informazioni sullo stato d’animo dell’insegnante, su quello che prova ma si concentrano solo sullo studente.


Cosa fare se gli studenti creano problemi agli insegnanti
In una classe, se parecchi studenti cercano contemporaneamente di soddisfare i propri bisogni o le proprie esigenze, qualcuno necessariamente diventerà arrogante, molesto o noioso. Questo fa sì che, a causa dei problemi creati dagli studenti, gli insegnanti si sentano molto spesso frustrati ed esasperati. 
Senza dubbio i docenti hanno un compito difficile e la maggior parte di loro si trova a vivere momenti di stress, frustrazione, ore di irritazione. Ma cosa fare se gli studenti creano problemi agli insegnanti?
Il primo step è comprendere se il problema appartiene a loro o agli allievi.
I sintomi che indicano che gli insegnanti hanno dei problemi sono le loro stesse emozioni: la noia la frustrazione l’irritazione e, da un punto di vista fisico, mal di testa, mal di stomaco malessere generalizzato. È importante che gli insegnanti si prendano la responsabilità di queste emozioni.
Ma cosa possono fare quando non possono accettare il comportamento dello studente e quindi lo collocano tra i problemi che li riguardano?
Si può provare a ricorrere a tre alternative:
-tentare di modificare il comportamento dello studente
-tentare di modificare il contesto
-tentare di modificare se stessi
Questo breve testo si occuperà della prima alternativa, quella cioè di modificare il comportamento dello studente.
La prima modalità che un insegnante può mettere in atto è quella di confrontarsi con lo studente al fine di modificarne il comportamento. Il termine confrontare è stato scelto deliberatamente per descrivere l'atto di affrontare un'altra persona il cui comportamento interferisce con i propri diritti.  Questo atto permette di fare in modo che le proprie esigenze e i propri bisogni siano rispettati. 
I messaggi che gli insegnanti inviano quando affrontano gli studenti possono essere suddivisi in tre 3 categorie:
-messaggi direttivi
-messaggi repressivi
-messaggi indiretti
I messaggi direttivi
I messaggi direttivi sono quei messaggi che comunicano allo studente in che modo debba modificare il suo comportamento. Ce ne sono di 5 diversi tipi:
ordinare, comandare, esigere
avvisare, minacciare
rimprovera, fare la predica
redarguire, argomentare in modo logico
consigliare, dare soluzioni.
Apparentemente i messaggi direttivi sembrano essere il modo più efficace e veloce per soddisfare le proprie esigenze ma nello stesso tempo comportano il rischio di reazioni negative o al limite di condiscendenza servile. I messaggi direttivi contengono prevalentemente informazioni per lo studente e mai danno informazioni in che modo il comportamento dello studente stia disturbando l'insegnante. Per questo motivo lo studente non è portato a preoccuparsi dello stato d'animo dell'insegnante.
I messaggi repressivi
I messaggi repressivi denigrano lo studente, attaccando direttamente la sua personalità. Possono essere classificati nelle seguenti categorie:
giudicare, criticare, biasimare
mettere in ridicolo, stereotipare
mettere in dubbio, indagare
Questi messaggi fanno sì che lo studente si senta in colpa e responsabile di avere causato un problema all’insegnante ma non forniscono allo studente alcun dato relativo al problema causato. I messaggi repressivi o vengono rifiutati o interiorizzati dallo studente come prova della sua inadeguatezza.
I messaggi indiretti
Molto spesso gli insegnanti ricorrono ai messaggi indiretti perché conoscono bene i rischi di utilizzare i messaggi repressivi o direttivi. Questo nella convinzione che gli studenti coglieranno il senso del messaggio indiretto. I messaggi indiretti funzionano raramente e non hanno alcun effetto. Da questi messaggi gli studenti imparano che l'insegnante non è autentico e chiaro e immaginano che stia tentando di modificare il loro comportamento in maniera subdola o poco incisiva.
Il messaggio indiretto frequentemente è talmente garbato e scherzoso che non ha alcun effetto.
Dal messaggio tu al messaggio io
Allora come poter affrontare gli studenti con la maggiore probabilità di far cambiare loro comportamento senza danneggiare sia la stima che hanno di sé sia il rapporto che si ha con loro?
Da numerose analisi sui messaggi di confronto emerge che di solito gli insegnanti utilizzano il pronome personale tu (Smettila! Cerca di non disturbare! Siediti e segui la lezione).
Questi messaggi in seconda persona non forniscono informazioni sullo stato d’animo dell’insegnante, su quello che prova ma si concentrano solo sullo studente.
Inviando un messaggio in seconda persona non ci si assume la responsabilità dei propri sentimenti di frustrazione ma si comunica solo che l'insegnante valuta negativamente il comportamento dello studente.
Sarebbe importante invece utilizzare messaggi in prima persona (messaggio-io).
Attraverso questi messaggi l'insegnante si assume la responsabilità del proprio stato d'animo e dimostra di essere pronto ad essere sincero nei confronti dello studente.
In seconda battuta i messaggi in prima persona lasciano allo studente la responsabilità del proprio comportamento ed evitano l'impatto negativo provocato dai messaggi in seconda persona.
Facciamo l’esempio di quando uno studente arriva in ritardo. Il messaggio in seconda persona è questo “Arrivi sempre in ritardo! Devi svegliarti prima!”
Questo messaggio può essere trasformato in un messaggio in prima persona: “Quando arrivi in ritardo debbo interrompere quello che faccio e questo mi distrae e mi disturba”.
In questo modo lo studente capisce che il suo comportamento provoca un reale problema all'insegnante e potrebbe essere più motivato cercare di modificare il comportamento.
 In un messaggio io è importante evidenziare:
-il comportamento
-l'effetto che questo comportamento provoca
-il sentimento che suscita nell’ insegnante.
Per molti insegnanti questa franchezza sembrerebbe costituire una minaccia al ruolo che si sono costruiti, temono cioè che gli studenti non li rispettino più se si rivelassero per quello che sono veramente e quindi utilizzano i messaggi in seconda persona come difesa.
In realtà la dimostrazione delle proprie vulnerabilità fa apparire gli insegnanti così come sono: delle persone vere con cui poter instaurare dei rapporti significativi ed intimi. 
 


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