La didattica a distanza: il luogo non luogo

C’è però ora un’emergenza che scorre sullo sfondo e che riguarda l’aspetto emotivo e relazionale di tutti quei bambini, quei ragazzi che si trovano a vivere in una nuova realtà che è ancora di difficile lettura per tutti.


Questi sono giorni difficili, che stanno mettendo a dura prova tutti coloro che si occupano, a diversi livelli, di formazione o educazione.
I professionisti della relazione d’aiuto si sono trovati, improvvisamente, in piena emergenza, a progettare, vivere, animare nuovi luoghi - non luoghi in cui prendersi cura delle relazioni.
Parlo di luoghi e non di spazi perché quando mi riferisco al luogo lo considero come l’insieme dello spazio e delle persone che interagiscono in esso.
Gli insegnanti, nello specifico, si trovano, a seguito della pandemia di CORONAVIRUS, a costruire dei luoghi di apprendimento virtuali in cui incontrare i propri allievi, a immaginare nuovi modelli di apprendimento e insegnamento a distanza. Questo fa vacillare tutte le certezze o semi-certezze che hanno animato, negli ultimi decenni, le scelte metodologico didattiche dei docenti.
Le tecnologie inizialmente demonizzate, nel corso degli anni integrate, anche efficacemente, nell’offerta didattica, ora diventano LA DIDATTICA e, un nuovo acronimo, DAD si trova improvvisamente a divenire il paradigma di riferimento della comunità scolastica.
La Didattica a Distanza mette in crisi, in modo repentino, tutti i punti di riferimento pedagogici degli ultimi secoli e genera una corsa alla ricerca di piattaforme, software, siti che possano sostituire quello che fino a nemmeno un mese fa si faceva a scuola.
 “The show must go on” che tradotto in didattichese potrebbe essere “il programma deve andare avanti anche col coronavirus” è il nuovo principio che insegnanti, dirigenti, educatori e non ultime le famiglie, devono seguire.
Ma cosa comporta questo?
Gli insegnanti e i genitori si trovano ad affrontare un notevole sforzo in termini di fatica fisica, psichica ed economica che fa saltare tutto quello che ha sempre rappresentato la scuola: un luogo fisico in cui ci si forma, in cui ci si incontra, in cui si impara. Ora c’è un nuovo luogo - non luogo che necessita ci si prenda cura di tutti i soggetti che lo abitano.
La comunità scolastica viene messa a dura prova, i luoghi che tanto erano familiari vengono a mancare, mancano routine, rituali, figure di riferimento.
Gli insegnanti in questo sono stati degli eroi e come sempre hanno trovato delle risposte anche a domande che dovevano ancora essere fatte e sono riusciti a fronteggiare l’emergenza di portare avanti le attività didattiche.
C’è però ora un’emergenza che  scorre sullo sfondo e che riguarda l’aspetto emotivo e relazionale di tutti quei bambini, quei ragazzi che si trovano a vivere in una nuova realtà che è ancora di difficile lettura per tutti.
In questo momento, gli insegnanti, oltre a quello didattico, si trovano ad avere il compito di supportare e sostenere alunni e famiglie.
C’è oltremodo bisogno di docenti che inizino a costruire una comunità all’interno del luogo - non luogo, attraverso la condivisione di nuovi significati, nuovi riti, nuove narrazioni, che in questo momento diventano necessari per non smarrirsi.


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