La forza dell’immedesimazione: essere l’altro con il role playing. L’efficacia di una strategia didattica

La prima regola del role playing è: libertà; declinata come assenza di un canovaccio, di un copione già scritto che i bambini si ritrovano ad interpretare. Il docente anima la scena, garantisce l’azione costante, l’interazione, ma lascia ai bambini la libertà di essere l’altro: il personaggio, il diverso da sé.


 21 bambini tra i tre e i cinque anni. Ho davanti le loro espressioni esterrefatte, quando una mattina arrivo e dico: “  Oggi farete gli attori di una storia!”.
Si tratta della strategia didattica nota con il nome di role playing.
Prima di portarla in classe, tuttavia, questa strategia va conosciuta e approfondita. Il termine si ricollega immediatamente ad un gioco, un’interpretazione di ruoli: in un processo quasi carnevalesco, i bambini indossano i panni di qualcun altro, ne ipotizzano e quindi ne recitano le posture, le espressioni, le parole.
La prima regola del role playing è: libertà; declinata come assenza di un canovaccio, di un copione già scritto che i bambini si ritrovano ad interpretare. Il docente anima la scena, garantisce l’azione costante, l’interazione, ma lascia ai bambini la libertà di essere l’altro: il personaggio, il diverso da sé. Diversi studi, tra i quali risaltano quelli del professor Gilberto Scaramuzzo, hanno sottolineato i benefici di questa strategia didattica e in particolare della  mimesis, intesa come immedesimazione intensa, profonda; questa può svolgersi anche solo attraverso l’interpretazione corporea, espressiva di un ruolo, senza l’ausilio di dialoghi e parole.
Questa strategia didattica può essere messa in atto in tutti i gradi di scuola, modulandola per obiettivi diversi; nel caso della scuola dell’infanzia, per esempio, può richiamare tutti i campi di esperienza, aiutando il bambino ad avere consapevolezza del proprio corpo, ad uscire dal proprio ego innato, sperimentando e vivendo parole ed emozioni diverse dalle proprie. Non solo, ma come racconterò più avanti in alcuni esempi didattici, conduce il bambino ad una comprensione più efficace e profonda di una storia, lo fa sentire protagonista e non più recettore immobile e passivo.
Nella scuola primaria, il role playing può entrare trasversalmente in tutte le discipline: si può utilizzare per far interpretare celebri personaggi storici, per calarsi nei panni di eroi ed eroine di storie lette, ma anche per interpretare, “diventare” una figura geometrica, due rette incidenti o parallele destinate a non incontrarsi o forse ad incontrarsi all’infinito, per indossare i panni di uno scienziato o di una scienziata di fronte ad un’incredibile scoperta. Anche nella scuola secondaria, si possono realizzare esempi didattici di role playing: cosa accadrebbe se un’opera d’arte prendesse vita? Se un gruppo di studenti interpretasse la Primavera in movime nto o se uno studente indossasse i panni di Leopardi, cercando di intuirne pensieri ed emozioni, prima di scrivere l’ Infinito o qualunque altro suo capolavoro.
Come tutte le strategie didattiche, il role playing è suscettibile di interpretazioni e modifiche: nel suo significato originario è una vera e propria recita a soggetto, dove sono previsti anche degli spettatori; tuttavia, non si tratta di una “tecnica” rigida e già data, può essere elaborato in modo creativo dall’insegnante e condurre comunque all’obiettivo di un apprendimento significativo.



Valentina Pescatore
Dott.ssa in Scienze della Formazione Primaria
Insegnante di Scuola Primaria


X Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, cliccando su accetto, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.
Accetto