La funziona educativa della presenza

Dalle narrazioni della stampa mainstream sembra che se si è in presenza si "faccia scuola", se non si è in presenza non ci formi o ci si formi parzialmente. Emerge quindi l’idea che solo la presenza fisica educhi mentre la presenza digitale non abbia o abbia solo parzialmente questa funzione.


In queste settimane all’interno dell’acceso dibattito sulla scuola, l’interrogativo che viene posto con più forza è se conta di più il diritto alla salute o il diritto all’istruzione e come sia possibile coniugare in modo positivo questi due diritti fondamentali e imprescindibili. Le prese di posizione rispetto a questo tema sono molteplici, controverse e contrapposte ma tutte più o meno esplicitamente si soffermano su un aspetto molto interessante e anche a volte controverso: la funzione educativa della presenza.
Quando gli studenti non sono fisicamente a scuola, da varie parti - quelle che con molta probabilità non conoscono da vicino il mondo della scuola - si sente spesso affermare che le scuole siano chiuse e questo perché la DAD non viene considerata metodologia di formazione a tutti gli effetti ma intesa come risposte all’emergenza. Dalle narrazioni della stampa mainstream sembra che se si è in presenza “si faccia scuola”, se non si è in presenza non ci si formi o ci si formi parzialmente. Emerge quindi l’idea che solo la presenza fisica educhi mentre la presenza digitale non abbia o abbia solo parzialmente questa funzione. Quanto è vero?
Consultando il vocabolario Treccani per ricercare l’etimologia della parola “presenza” si evince che essa derivi dal lat. praesentia, der. di praesens -entis «presente», con il seguente significato “il fatto che una persona o una cosa si trovino in un determinato luogo”. Il luogo chiaramente non viene definito fisico o virtuale.
A partire dal significato di questa parola ci si domanda quali siano gli aspetti della presenza (fisica o virtuale) che hanno una funzione educativa all’interno della relazione insegnante - allievo.
Un primo aspetto è la presenza come vicinanza affettiva, che viene processata dal nostro cervello in relazione alle modalità con cui un individuo si pone nei confronti dell’altro. Una persona che ascolta, che riconosce l’altro come un essere meritevole di attenzione e di rispetto, che permette la sua crescita, il suo sviluppo, il suo aprirsi al mondo viene considerata una persona vicina, affettivamente ed emotivamente. Questo a scuola avviene molto spesso. Accade quando l’insegnante entra in connessione emotiva con i propri alunni, quando struttura un processo di apprendimento dove l’aspetto emotivo fa da carburante alla motivazione, quando l’apprendimento e la formazione diventano mezzi di crescita e di sviluppo armonico dell’identità. Quindi, ritornando alla domanda iniziale, questo aspetto può esulare dalla presenza fisica o digitale; infatti, un insegnante attento curerà questa dimensione all’interno della relazione educativa a prescindere dal contesto in cui essa prende forma.
Un secondo aspetto riguarda la presenza come garante del valore delle esperienze formative. Le esperienze formative significative lasciano tracce indelebili nella memoria e nella vita di ognuno di noi e spingono ciascuno a ricercare attività stimolanti e sfidanti con grande entusiasmo. Un insegnante attento a questo elemento proporrà percorsi educativo-didattici che coinvolgano tutte le sfere dell’allievo, da quella cognitiva a quella emotiva a quella relazionale per fare in modo che gli apprendimenti si fissino nella memoria e acquisiscano un significato emotivamente forte. Stimolerà, quindi, nei bambini la curiosità di conoscere, la abilità di ricerca, la capacità di farse domande, di osservare il mondo che li circonda da tante e molteplici prospettive. Anche questo aspetto, a mio avviso, non è collegabile con la presenza fisica o digitale perché in entrambi i luoghi (virtuale o reale della classe) l’insegnante attento a ciò saprà fornire esperienze orientate a questo.
Il terzo aspetto riguarda la presenza come cura dell’allievo in quanto individuo in formazione. La crescita di ciascuno è condizionata dal modo con cui le figure di attaccamento si prendono cura di lui e tutta la letteratura scientifica afferma che un attaccamento sicuro permette ai bambini e alle bambine di scegliere di correre dei rischi, di esplorare con fiducia l’ambiente che li circonda. L’insegnante che si prende cura dei propri studenti sceglie di avere sempre a disposizione un tempo per ascoltarli, per emozionarsi insieme a loro perché sa che solo in questo modo potrà creare quel clima di classe favorevole all’apprendimento. Farà attenzione, nelle sue ore di insegnamento, a riservare un periodo di tempo per la cura dell’altro, un tempo utile ad attivare il desiderio di apprendere. Anche questo mi sembra sia un aspetto che prescinda dalla presenza fisica a scuola o da quella virtuale in DAD.
Il quarto aspetto riguarda la presenza come reciprocità e intenzionalità. È la relazione che rende possibile la strutturazione del se e i processi cognitivi e questo è possibile solo se in essa ci sia una presenza reciproca e intenzionale. Il riconoscimento, il supporto, l’appoggio permettono di sentire a livello emotivo che stare insieme, condividere, supportarsi sia il modo migliore per una relazione sana e positiva. Un insegnante che crede nell’importanza dello stare insieme, del sostenersi a vicenda, nel potere della condivisione, proporrà attività di gruppo, a coppie da fare insieme che stimolino la cooperazione e “il fare insieme” e che siano significative per la crescita e per la formazione. Anche questa mi sembra una dimensione trasversale alla presenza che educa.
Alla luce di queste considerazioni si può affermare che non è la presenza fisica che educa ma è l’esperienza della vicinanza affettiva, della relazione, della cura, il valore dell’esperienze formative significative che hanno un valore educativo e formativo. Se questo è vero allora anche nella didattica a distanza è possibile creare una relazione educativa, nuovi sensi e significati dello stare insieme, esperienze formative e educative significative. È vero che sono state messe in crisi tutte le prassi consolidate e le routine sulla quali si fondava il lavoro scolastico ma questo non significa che le opportunità offerte dalla didattica a distanza siano differenti o peggiori della didattica cosiddetta in presenza e credo che sia arrivato il momento di smetterla di affermare che la scuola sia chiusa perché mai lo è stata.
E ora consapevoli del fatto che il diritto all’istruzione è assicurato si può iniziare a pensare a preservare il diritto alla salute che in questo momento, nel mondo della scuola, non a tutti è garantito.


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