Il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria: cosa cambia davvero
Molti bambini vivono il passaggio con entusiasmo, altri con ansia o disorientamento. Le reazioni sono diverse e personali, ma spesso non dipendono soltanto da ciò che accade concretamente in classe, quanto da come questa transizione viene raccontata, anticipata e interpretata dagli adulti di riferimento.
Il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria viene immaginato come un cambiamento che modifica totalmente la vita scolastica fino a quel momento conosciuta e vissuta: si passa "dal gioco al lavoro", dalla libertà alle regole, dal disegno alla scrittura. Ma è davvero così? Oppure è una narrazione che rischia di semplificare (e talvolta impoverire) un processo molto più complesso e ricco di sfumature? Per chi si trova ad accompagnare questo passaggio, genitori e insegnanti in primis, è fondamentale guardare questo momento di transizione con uno sguardo più ampio, capace di coglierne la continuità più che la rottura, la crescita più che l'adattamento forzato.
Cosa cambia davvero?
Indubbiamente ci sono una serie di aspetti che cambiano. I ritmi si fanno più strutturati, le attività sono più orientate all’apprendimento formale e i tempi di attenzione e concentrazione vengono gradualmente ampliati e sollecitati. Aumentano le aspettative, sia esplicite che implicite, così come le speranze nei confronti dell’andamento didattico dei bambini, sia da parte degli insegnanti che dei genitori, e con esse cresce anche il rischio che gli alunni percepiscano la scuola come un luogo in cui si deve 'performare' piuttosto che imparare con piacere. Ciò che non dovrebbe cambiare è l’idea di scuola come un ambiente accogliente, motivante e ricco di relazioni significative e positive
Come vivono i bambini questo passaggio?
Molti bambini vivono il passaggio con entusiasmo, altri con ansia o disorientamento. Le reazioni sono diverse e personali, ma spesso non dipendono soltanto da ciò che accade concretamente in classe, quanto da come questa transizione viene raccontata, anticipata e interpretata dagli adulti di riferimento.
Quando la scuola primaria viene presentata come “la scuola vera”, quella in cui si comincia finalmente a “lavorare sul serio”, si corre il rischio di trasmettere un'idea svalutante della scuola dell'infanzia, come se fosse stata solo un gioco, una parentesi leggera e poco significativa. Questo messaggio, anche se non esplicitato, può generare nei bambini la sensazione di dover “cambiare pelle”, di dover abbandonare modi di apprendere a loro familiari e spontanei, per adeguarsi a un contesto percepito come più rigido, selettivo o giudicante. Il racconto che viene fatto del passaggio può quindi anticipare vissuti emotivi: aspettative eccessive, paura di sbagliare, timore di non essere all’altezza. Oppure, al contrario, può diventare uno strumento di rassicurazione e motivazione, se la scuola primaria viene raccontata come un nuovo spazio in cui crescere, esplorare e continuare ad imparare con curiosità, in continuità con le esperienze precedenti. Il modo in cui genitori e insegnanti parlano del cambiamento, le parole che usano, le emozioni che trasmettono, preparano il terreno su cui i bambini costruiranno il loro immaginario e le loro prime impressioni sulla nuova scuola. È quindi fondamentale usare un linguaggio che valorizzi entrambi i mondi – infanzia e primaria – e che accompagni il passaggio senza creare contrapposizioni o aspettative irrealistiche.
Continuità pedagogica: cosa mantenere
Un passaggio sano si fonda sulla continuità educativa, portando con sé nella scuola primaria alcuni elementi essenziali dell’infanzia: il gioco come linguaggio e strumento di apprendimento, la cura della relazione come base per ogni processo educativo, l’importanza del corpo, del movimento e dell’espressione, e il rispetto per i tempi individuali e per le fasi evolutive di ciascun bambino.
Il ruolo delle insegnanti: facilitare, non forzare
L’ingresso in classe prima rappresenta un momento delicato, in cui le insegnanti assumono il ruolo di figure di transizione, capaci di creare un ambiente di fiducia e sicurezza emotiva, osservare più che etichettare, favorire l’autonomia rispettando i tempi individuali, introdurre le regole con gradualità e senso, e valorizzare le competenze pregresse dei bambini. Passare alla primaria non significa far smettere di giocare, ma integrare il gioco con nuovi linguaggi (la scrittura, la lettura, i numeri). È un processo graduale, e come ogni processo educativo, ha bisogno di tempo, ascolto e accompagnamento. Il bambino non deve cambiare natura per "stare dentro" alla scuola primaria. È la scuola, piuttosto, che deve saper cambiare forma per accogliere il bambino nella sua unicità.
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