La ricerca TALIS: l'insegnante efficace tra zone d'ombra e zone di luce
Nel quadro di generale soddisfazione degli insegnanti di tutti i paesi per il proprio lavoro, contrasta il dato sulla percezione del prestigio sociale dell’insegnamento da cui emerge che meno di un terzo degli insegnanti ritiene che l'insegnamento sia una professione apprezzata dalla collettività (31%).
La ricerca TALIS 2013 (Teaching And Learning International Survey, OECD, 2016) tra i tanti aspetti ha messo in evidenza che l'insegnante italiano (43 anni e la metà ha più di 50 anni)) è tra i docenti più anziani delle 22 nazioni che hanno partecipato.
Al fine di esaminare i più importanti fattori che determinano l’efficacia dell’insegnamento sono state chieste agli insegnanti informazioni in merito a quanto si sentono efficaci nell’educare i loro studenti (senso di autoefficacia: convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare le lezioni, nel sapere intraprendere le azioni necessarie a gestire adeguatamente le situazioni, in modo da raggiungere i risultati prefissati) e in merito alla loro soddisfazione professionale (senso di appagamento e gratificazione nello svolgere la professione d’insegnante).
Le analisi svolte indicano che le percezioni di efficacia didattica da parte degli insegnanti e la relativa soddisfazione professionale sono collegate a un insieme di fattori riassumibili nelle seguenti categorie: il contesto della scuola, le caratteristiche individuali degli insegnanti, (genere, anni di esperienza didattica, elementi inclusi nella formazione iniziale ricevuta) le esperienze internazionali a scuola, (fattori legati alla classe d’insegnamento, la gamma delle relazioni interpersonali con colleghi e studenti, i modi in cui è esercitata la leadership a scuola) gli effetti di questi fattori sull’insegnante (anche in termini di stress).
Dai risultati emerge che in media, una percentuale compresa tra l’80 e il 92 per cento degli insegnanti dei paesi TALIS riporta di saper agire “abbastanza” o “molto” nel “portare gli studenti a credere nelle loro capacità di raggiungere buoni risultati”, nell’“aiutarli ad apprezzare il valore dell'apprendimento”, nel “contenere i comportamenti di chi disturba la lezione”, nell’ “aiutarli a pensare in modo critico”, nel “portarli a seguire le regole di classe”, nel “contenere l’allievo dirompente”, ecc.
Relativamente più difficile sembrerebbe per gli insegnanti riuscire a “motivare gli studenti che mostrano scarso interesse nel lavoro scolastico” e “saper attuare strategie didattiche alternative” .
Gli insegnanti italiani, in numero ancor più consistente rispetto alla media TALIS, credono nelle loro capacità di agire positivamente negli ambiti sopra considerati.
Per quel che riguarda la soddisfazione sul lavoro, gli insegnanti dei paesi TALIS segnalano una “soddisfazione generale nei confronti del lavoro”. Tutte indicazioni di soddisfazione condivise dagli insegnanti italiani.
Nel quadro di generale soddisfazione degli insegnanti di tutti i paesi per il proprio lavoro, contrasta il dato sulla percezione del prestigio sociale dell’insegnamento da cui emerge che meno di un terzo degli insegnanti ritiene che l'insegnamento sia una professione apprezzata dalla collettività (31%).
La percezione negativa della professione varia comunque da paese a paese.
I docenti italiani che pure, come si è visto, esprimono livelli elevati di soddisfazione per il loro lavoro, ritengono in grande maggioranza che in Italia l’insegnamento sia poco apprezzato a livello sociale.
Le ricerche nazionali svolte sull’argomento rilevano ormai una visione negativa del prestigio sociale della professione da parte dei docenti. Le cause sono da individuare in una pluralità di fattori, tra i quali spiccano la scarsa considerazione che la politica ha avuto nei confronti della scuola, l’immagine non esaltante della scuola resa dai mass media e le misure di razionalizzazione adottate che hanno messo a dura prova la categoria degli insegnanti in termini retributivi e su altri aspetti concernenti le condizioni di lavoro. Sullo scarso ruolo della politica, le Relazioni annuali della Corte dei Conti hanno spesso evidenziato come molte delle norme riguardanti la scuola non siano state introdotte attraverso strumenti legislativi appositi, volti a un disegno coerente del sistema, ma piuttosto incluse in leggi omnibus di carattere finanziario (oppure siano venute come risposta) a tali leggi – in base a un orientamento che ha considerato l'istruzione più un problema di spesa che di investimento.