La scuola che cambia: una revisione del ruolo

E' necessaria una revisione della funzione stessa della scuola che non può più essere solo un luogo in cui si forniscono i contenuti del sapere ma deve diventare un’agenzia educativa – formativa che faccia attenzione all’aspetto affettivo – emotivo - relazionale del bambino e dell’adulto.


“E’ difficile educare quando non si riesce ad immaginare in quale mondo vivranno i propri figli, mentre un tempo il compito dell’adulto, come educatore, era di dare certezze, punti fermi ai quali ancorare un proprio progetto di vita, oggi il compito dell’adulto verso i giovani appare quello di addestrarli ad affrontare l’incertezza, poiché non siamo in grado di prevedere come sarà il mondo nel quale dovranno vivere. Questo compito è nuovo e difficile e noi non abbiamo sviluppato strumenti culturali adeguati” (Cavalli, 2004).
I cambiamenti e le trasformazioni sociali cui si è assistito negli ultimi venticinque anni sono tali che è diventato ormai difficile provare a comporre questi mutamenti attraverso modelli paradigmatici ben definiti in quanto essi, appena individuati, sono superati nel giro di poco tempo. Il passaggio dall’età moderna in cui si aveva fiducia nella ragione, nella scienza e nella tecnica e nel progresso illimitato, alla età post-moderna dove c’è stata una progressiva caduta delle ideologie e dei grandi ideali, ha fatto si che si sia generato un senso di vuoto e smarrimento legato alla perdita dei valori e delle tradizioni e un ripiegamento sul presente e sulla ricerca della soddisfazione di bisogni immediati.
La complessità della società, caratterizzata da pluralismo e multiculturalismo, ha quindi conseguenze per la condizione esistenziale umana, ostacolando “lo sviluppo di una coscienza unitaria che è infatti la sommatoria di tante piccole identità, a loro volta l risultato dei confronti significativi, della comprensione del senso delle cose e delle esperienze di crescita” (Ciucci, Giuliani, 2005).
La definizione dell’identità, che in età evolutiva è determinata dall’interazione tra individuo e mondo, diventa ormai sempre più critica, in quanto tutto ciò che la contraddistingueva (i tempi, i ritmi e riti di passaggio) o ha assunto valenze differenti o è scomparsa.
I bambini e i ragazzi sono coloro che patiscono di più questa complessità trovandosi, da un lato, a usare l’intelletto per “osare soluzioni creative ed esplorare ipotesi ardite” (Spalletta-Quaranta, 2002), avvalendosi delle nuove abilità apprese dalle tecnologie, dall’altro a vivere un isolamento psicologico e sociale che porta alla frammentazione dell’identità, all’insicurezza, all’incertezza e all’instabilità. Tutto ciò senza il sostegno della famiglia che a sua volta si trova a vivere, con la nascita di nuove tipologie familiari, una crisi strutturale e funzionale molto forte . Gli adulti sono in crisi e si pongono nei confronti dei figli in modo poco coerente, oscillando tra la paura di esagerare o di sbagliare, non riuscendo più a raggiungere il proprio equilibrio.
Questa complessità e contraddittorietà si riflette anche nella scuola. Accade, così, che le due principali agenzie educative e formative, trovandosi ad educare figli e alunni in un contesto temporale che corre voloce, siano in difficoltà e in contrasto tra loro. Si impone sempre più spesso la necessità che il compito sociale, culturale e formativo della scuola si estenda anche nei confronti delle famiglie “vittime” di questi cambiamenti epocali.
Da qui diventa necessaria una revisione della funzione stessa della scuola che non può più essere solo un luogo in cui si forniscono i contenuti del sapere ma deve diventare un’agenzia educativa – formativa che faccia attenzione all’aspetto affettivo – emotivo - relazionale del bambino, dell’adulto e delle famiglie.


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