Io sono lupo: storia di un'esperienza didattica

Prima ancora di venire al mondo, la narrazione rappresenta la nostra cifra esistenziale: tutto ciò che ci riguarda, prima e dopo di noi, è oggetto di storie e racconti.


Prima ancora di venire al mondo, la narrazione rappresenta la nostra cifra esistenziale: tutto ciò che ci riguarda, prima e dopo di noi, è oggetto di storie e racconti.
Il gusto del narrare e di ascoltare narrazioni ci caratterizza in modo intimo e profondo, ma i primi approcci alle storie ascoltate possono essere complessi, soprattutto quando si ha una classe eterogenea della scuola dell’infanzia; tra i tre e i cinque anni, infatti, la durata dell’attenzione è diversa, bisogna così pensare a storie ed attività che possano coinvolgere tutti e garantire la loro partecipazione. Ecco perché il role playing può essere una strategia efficace, offrendo la possibilità di creare la storia, improvvisando espressioni e battute dei personaggi principali.
Da qui, nasce l’idea di portare in classe la storia: “Io sono Lupo”: un piccolo lupo che vive nascosto nel bosco, desideroso di amicizie e condivisioni; tutti gli animali del bosco, però, non appena lo scorgono da lontano, fuggono via senza nemmeno ascoltarlo, condizionati ed impauriti dal suo aspetto e dalla convinzione diffusa del “lupo cattivo”.  Dopo aver ascoltato questa sintesi della storia, i bambini hanno assunto i panni dei diversi animali del bosco, scegliendoli: il cerbiatto, lo scoiattolo, la talpa. Tutti, incontrando il lupo che è interpretato da un bambino diverso a turno, hanno cercato di immedesimarsi nella paura degli animali del bosco, lasciandosi andare a grida di paura o ad esclamazioni del tipo: “ecco il lupooo! Viaaa!!”. Nel caso di questo role playing, lo stupore più grande lo hanno regalato i piccoli interpreti del lupo: attraverso la mimesis, sono diventati la sua solitudine, la sua tristezza, il suo dolore: alcuni si sono sfregati gli occhi per mimare il pianto, altri hanno dato vita a vere e proprie battute (es. “uffaaa, nessuno mi vuoleee”).  
In questo modo, gli altri bambini non stavano semplicemente ascoltando una storia, ma assistendo al suo crearsi, al tentativo teatrale dei loro coetanei di entrare nelle vesti e nelle emozioni dei personaggi.
Alla fine, quando si doveva trovare un finale, ho chiesto ai piccoli attori di fermarsi e di pensare tutti insieme a come avrebbe potuto concludersi; un bambino ha detto: “il lupo non può restare solo!” e così, oltre ogni pregiudizio, abbiamo scelto che proprio la pecora- smarrita da una casetta nel bosco e vittima per antonomasia della crudeltà del lupo- sarebbe diventata la sua amica.
Il bambino lupo e la bimba pecora hanno concluso il role playing tenendosi per mano e dicendosi a vicenda: “Meno male che ti ho trovato!”. Se si porta il teatro, sotto forma di role playing, nelle storie, nelle discipline, nell’arte, si ha l’occasione di andare oltre: sé stessi e i pregiudizi.

Valentina Pescatore
Dott.ssa in Scienze della Formazione Primaria
Insegnante di Scuola Primaria


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